Foto di Vittorio Martone
In bianco e nero Alessandro Trebbi, Vittorio Martone Lunedì 20 ottobre 2014
Alessandro Misley, soccorritore di Senna dopo il fatale incidente a Imola nel 1994, racconta gli ultimi istanti del pilota brasiliano.
Sono le 14:17 del primo maggio 1994. È in corso il settimo giro del Gran premio di San Marino a Imola, il terzo della stagione. Venti anni fa. Nelle prime due gare tutto è andato storto, per Ayrton Senna. In Brasile, nel gran premio di casa, Senna era in pole e ha guidato la corsa con autorità fino al pit stop. Poi Schumacher lo ha passato e, nel tentativo di spingere per recuperare, il brasiliano è finito fuori. Una seconda occasione in Giappone: ancora una pole, ma stavolta è un incidente al via a togliere subito dalla gara Senna. Ora però c’è Imola, si volta pagina. C’è un’altra pole e stavolta non si può fallire. Anche se le nubi sono nere. Non sul circuito, dove splende un sole molto caldo per gli inizi di maggio, ma nella mente di Senna, scossa da qualche problema famigliare, sicuramente dalla morte di Roland Ratzenberger, esordiente in Formula 1 che ha finito la propria corsa nelle prove del sabato, perdendo il controllo della sua Simtek e purtroppo la vita alla curva Villeneuve, finendo contro il muretto a oltre 300 km all’ora. «Un weekend maledetto. Dall’incidente nelle libere a Barrichello fino alla morte di Senna si sono susseguite una serie di coincidenze davvero dure da accettare. Tre incidenti gravi, due morti, un ferito, il pubblico coinvolto dallo scontro al via: difficile da credere». A raccontarlo è il dottor Alessandro Misley, protagonista proprio malgrado di una delle giornate più indimenticabili e insieme più tristi della storia dello sport.