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Reportage Francesco MazzantiEnrico Mariani Domenica 15 luglio 2018

Impossibile, vengo dall’universo

Durante i Mondiali Antirazzisti, centinaia di realtà da tutto il mondo si sono sfidate per celebrare le differenze e denunciare ogni forma di razzismo.

I giocatori di Lazionet che esultano, dopo l’ultimo rigore, con i ragazzi in maglia arancione della cooperativa L’Angolo. Questa l’immagine che resta della ventiduesima edizione dei Mondiali Antirazzisti. La squadra della cooperativa di Castelfranco Emilia e Modena, composta da richiedenti asilo e rifugiati, partecipa da due anni al torneo di Bosco Albergati e, proprio nel pomeriggio, aveva rilasciato un’intervista a una televisione locale in cui venivano raccontate le storie dei calciatori e i differenti percorsi, oltre alla voglia sconsiderata, naturale, di calciare una palla. «Non è una passeggiata essere antirazzista e della Lazio allo stesso tempo – aveva detto un giocatore di Lazionet prima dei calci di rigore – ma ci sono molti pregiudizi da scardinare e noi stiamo qui proprio per questo».

La vera novità della ventiduesima edizione sta nella presenza di uno sport sconosciuto alla maggior parte del “popolo dei Mondiali”. Il roller derby nasce negli anni Trenta negli Stati Uniti e dal 2000 viene praticato anche in Europa. Bone Crushing Hyena (“Iene spezza ossa”, letteralmente) è il nome della squadra bolognese che, sabato sera, si è esibita sulla pedana del campo da basket. «Noi nasciamo nel 2014 – spiega Eky Perrone, giocatrice rinominata dal team “Tekilla Bum-Bum” – ma purtroppo in Italia ancora non esiste un campionato ufficiale. Ci auto-organizziamo con le altre squadre per gli incontri. Ad esempio a novembre faremo un triangolare a Bologna con una squadra polacca e un’altra tedesca». Lo show ai Mondiali Antirazzisti è stata una novità sia per la manifestazione che per le Iene: «per noi è stato molto importante partecipare a un evento del genere – conclude Perrone – perché crediamo nei valori dell’antirazzismo, dell’antisessismo e dell’inclusione. Inoltre a Bosco Albergati abbiamo trovato un pubblico interessato e curioso. È stata un’esperienza bellissima».

Partiamo proprio dal calcio, lo sport attorno a cui sono nati ventidue anni fa i Mondiali Antirazzisti. Undici campi e 125 squadre per l’edizione del 2018: il rosso intenso delle torce accese per festeggiare l’ingresso in campo; il boato che segue un goal; i tifosi de Les Sardines du pharo che cantano incondizionatamente a supporto di tutte le squadre, spostandosi di campo in campo; i bicchieri pieni di birra dei gruppi ultras venuti dalla Germania. Tre giorni di partite e di palle in aria (si gioca poco palla-a-terra, si sa) hanno riempito di gioia e condivisione la campagna di Bosco Albergati. È mancata la presenza di Balotelli (il “ricercato” numero uno) ma sono state molte le giocate di classe che hanno fatto divertire. Ne vengono in mente due: un colpo di tacco di Damiano Tommasi, capitano della squadra dell’Aic, per liberare il compagno e un tiro da lontano, forte e preciso, di un’attaccante della Brigata della Pace.

La vera sorpresa di questa edizione, però, è stata la pallavolo. Un torneo che cresce sempre di più (quest’anno più di 40 squadre si sono iscritte al torneo) e che, a detta di molti partecipanti, risulta più aggregativo di altri sport. Non ci sono contatti, le squadre si equilibrano più facilmente e il divertimento è assicurato per tutti. Sui tre campi da gioco si sono alternate moltissime squadre tra venerdì e sabato, come i ragazzi e le ragazze di Xm24, che hanno sfidato coraggiosamente il sole indossando una divisa da gioco nera, con la sola scritta in rosso a rappresentare il centro sociale. Oppure i tifosi dello Schalke 04, sempre presenti nei tornei di pallavolo, ma che forse si sono lasciati andare al relax e alla goliardia: colpa dall’eccessiva vicinanza tra il campo da gioco e il bar.

Venerdì e sabato sono i giorni centrali dei Mondiali Antirazzisti. In ogni angolo di Bosco Albergati accade qualcosa: partite, conferenze, workshop. Così la dimensione diffusa e simultanea della festa diventa consultabile a posteriori tramite le piattaforme social. Venerdì abbiamo ascoltato S.E. Shirish M. Boni, ambasciatore del Sudafrica in Italia, ricordare il centesimo compleanno di Nelson Mandela: «Questo giorno lo stanno festeggiando in tutto il mondo. Anche i Mondiali Antirazzisti – una settimana di sport insieme – rappresentano una festa per la figura di Mandela». A proposito di social, il giorno seguente, sabato 7 luglio, è stato il giorno di #MagliettaRossa, l’iniziativa lanciata da Libera. Tante le adesioni per un contenuto fortemente evocativo: «rosse sono le maglie indossate da chi spera di essere visibile in caso di naufragio». Ai Mondiali era ospite Gabriele Del Grande che, a proposito di migrazioni, è voce autorevole e controvento dai tempi del blog Fortress Europe. Insieme a Raffaela Chiodo Karpinsky è nato un dibattito sulle politiche migratorie proibizioniste, che da una parte costringono ai viaggi della speranza e dall’altra alimentano un sistema di accoglienza disfunzionale che per qualcuno è business e che diventa capro espiatorio dei discorsi sovranisti. Ai Mondiali la festa e lo spirito critico trovano un felice equilibrio e contribuiscono – ce n’è bisogno – ad aggiornare la “cassetta degli attrezzi” del fronte antirazzista.

«Per il rugby – ha detto Attila dei Cinghiali del Setta – abbiamo deciso di non fare nessun torneo e, soprattutto, di mischiare i giocatori e le giocatrici, evitando l’identificazione con la squadra». La palla ovale dei Mondiali Antirazzisti attira sempre più partecipanti che, quest’anno, si sono sfidati nel rugby touch e nel rugby a 7 e a 15. «Poi abbiamo cercato di modificare le regole del gioco – conclude Attila – in base alle esigenze. Ad esempio, se entravano giocatori in più si allargava il campo». Il torneo di pallacanestro, invece, si è svolto tutto durante la giornata di sabato. Alla fine hanno vinto i Nueter in finale contro i cestisti dell’Hic sunt leones di Bologna. Giocare, sudare, divertirsi e restare ai Mondiali Antirazzisti in questo periodo è una scelta importante e non scontata. Una scelta ribadita da chi, nella Piazza Antirazzista, con uno striscione che recitava «Torna al tuo paese, sei diverso / impossibile, vengo dall’universo», ha citato Vengo dalla luna di Caparezza come risposta pop ai sentimenti xenofobi di oggi. Una risposta anche a chi invita il popolo della sinistra a impegnarsi: qui a Bosco Albergati l'accoglienza è fatta di lavoro e fatica dei volontari e dello staff, che permettono di trasformare un parco nella pianura emiliana in terra d’incontro tra varie realtà che, durante l’anno e in territori diversi, si occupano di sconfiggere l’idea secondo cui il da dove vieni condiziona e ingabbia il chi sei. Una linfa vitale, di questi tempi.

 

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