© Foto di Vanicelli
Reportage Francesco Mazzanti Domenica 10 giugno 2018
Il nostro percorso sulle tracce del trail running in Appennino prosegue a Verghereto, a due passi dal Monte Fumaiolo e dalle sorgenti del Tevere.
«A Montecoronaro (dieci casucce, una fonte, una chiesa e un’osteria: il necessario e il superfluo) domando quanto cammino c’è ancora per giungere alle sorgenti del Tevere». Lo scrittore toscano Pietro Pancrazi aveva già percorso, agli inizi del Novecento, il sentiero che dalla frazione di Verghereto conduce fino alle sorgenti di uno dei fiumi più importanti d’Italia. «Una mezz’ora di qui n’avanza», gli aveva detto un anziano del paese. Pancrazi, che nella sua vita si occupò anche di revisionare la forma e lo stile linguistico della Costituzione, conosceva questi luoghi e i suoi abitanti, e sapeva bene di non potersi fidare dei consigli che riguardano il tempo. Sappiamo, infatti, dal Cai di Perugia, che il sentiero per raggiungere le sorgenti del Tevere è di difficoltà media (E) e richiede circa tre ore di paziente cammino.
Alfero, Verghereto, Balze e Montecoronaro sono le principali frazioni (ma ci sono anche altri piccoli centri abitati) di questo Comune emiliano-romagnolo che si trova nel bel mezzo dell’Italia: al confine con la Toscana, non distante dall’Umbria e a due passi dalle Marche. «Noi siamo egualmente distanti – spiega Roberto Salvi, presidente della Pro Loco di Montecoronaro – da città come Arezzo e Città di Castello nonostante, dal Ventennio in poi, apparteniamo all’Emilia-Romagna. Fu Mussolini a cambiare il confine per portare le sorgenti del Tevere nella sua regione di nascita». Una posizione strategica che fa di questa terra un incrocio notevole di dialetti, modi di vivere e tradizioni. Anche se, conclude Salvi, «i nostri territori sono storicamente legati alla Maremma toscana. Fin dall’anno mille vi era una transumanza verso le campagne senesi e le maremmane: si portavano le greggi a pascolare nei luoghi più agevoli e adatti. Il fenomeno è rimasto vivo fino agli anni Sessanta, per questo abbiamo un forte rapporto con la Maremma, dove parte delle nostre genti si è stabilita».
Come in tutto l’Appennino anche alle pendici del monte Fumaiolo, nel corso del tempo, si sono raccontate storie misteriose e leggendarie che passano di bocca in bocca, che vengono trascritte, e che finiscono per dare un’identità ai borghi. Il legame con la storia si trova nei monumenti, nelle pievi e nelle chiese antiche. Come la chiesa di Santa Maria in Montegiusto, nella frazione di Tavolicci, sorta sui resti di un antico tempio pagano dedicato a un dio dell’acqua: divenne una chiesa cristiana tra l’VIII e il IX secolo e subì una profonda trasformazione nel 1500, quando la facciata fu abbattuta e fu allungata la sua struttura. A Balze, invece, una lapide posta nel 1902 ricorda il mito dell’apparizione della vergine Maria a due giovani pastorelle che il 17 luglio 1494 vennero guarite e curate dalle loro malattie. Ogni 17 luglio la festa della Madonna dell’Apparizione di Balze ricorda questo evento al confine tra storia e leggenda. Ché sembra che tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo la Madonna apparisse dappertutto in Appennino (e non solo).
E poi c’è lo sport. Le strade che portano al Monte Fumaiolo, così come agli altri monti “di confine”, erano le preferite per gli allenamenti di Marco Pantani. Il Pirata, che viveva a Sala di Cesenatico, era solito allenarsi su queste terre, anche a costo di preferirle ad altre salite o ad allenamenti diversificati. Sono queste le “sue” montagne: nel maggio del 2000 veniva inseguito dai giornalisti, ansiosi di capire se avrebbe o meno partecipato al Giro d’Italia numero 83. «Il Pirata ha un percorso del cuore – così scriveva “La Gazzetta dello Sport” l’11 maggio 2000 – che, a seconda delle deviazioni, misura circa 200, 210 chilometri. Marco parte da Cesenatico e si dirige verso San Marino, scende poi verso San Leo e si spinge ancora a sud-ovest fino ad affrontare la salite delle Balze e poi del Monte Fumaiolo».
Francesco Mazzanti
Dopo la laurea internazionale in Culture letterarie europee studia al Master di Giornalismo dell’Università di Bologna. Nel 2018, insieme a Enrico Mariani, ha pubblicato per Pequod il libro Sulla schiena del drago, reportage in Vespa dalle terre del centro Italia colpite dal terremoto del 2016. Nella rete delle polisportive popolari, opera nel settore dell’accoglienza dei migranti, in particolare come allenatore di calcio.